di Francesca Leoni
Le storie degli uomini sono sempre scritte a più mani; alle volte si consumano in pochi giorni, ore talvolta, nell’esplosione di un evento che ne cambia la direzione, altre volte hanno bisogno di più tempo, pagina dopo pagina, generazione dopo generazione.
Mio padre, Renato Viviani nasce a Firenze nel 1912 e già a quattordici anni apprende il mestiere di artigiani pellettiere nelle botteghe fiorentine tra cui quella di Guccio Gucci, in via del Parione.
Suo babbo era scultore e, dato che non trovava lavoro in Toscana, decide di emigrare in Argentina e quando Renato compie 18 anni raggiunge il padre oltreoceano.
Renato continua a lavorare nella pelletteria, importando per primo a Buenos Aires il cosiddetto “stile fiorentino” quello dorato, con i gigli o gli stemmi medicei facendo così conoscere quei dettagli tipici dell’artigianato di Firenze in Argentina.
Nel 1955 il babbo incontra a una mostra dedicata al lavoro degli artigiani italiani, quella che sarebbe diventata la compagna di vita e lavoro, Delia Oliverio, mia mamma.
E io, Viviana, nasco nel 1957 a Buenos Aires: ci resto poco, perché l’anno successivo i miei genitori decidono di ritornare a Firenze.
Le cose allora erano cambiate tantissimo da quando se ne era andato negli anni Trenta: c’era stata la guerra, erano i primi anni del boom. Diventato ormai un maestro pellettiere, il babbo inizia a lavorare in proprio nella sua casa di via de’ Bardi, con commissioni per negozi importanti come Bojola, Clemente, Ciocca: il suo sogno è quello di aprire un suo negozio, ma all’inizio non erano sufficienti i soldi messi da parte.
Ma le cose vanno sempre meglio, gli anni erano buoni per l’artigianato: Renato riesce a comprarsi insieme a Delia, il fondo di via Guelfa nel 1965, fondando così la Pelletteria Artigiana Viviani: si tratta di un vano negozio, e dietro laboratorio artigianale, illuminato dalla luce di un giardino incastrato tra i palazzi del centro storico.
Un anno dopo appena, la devastante alluvione del 1966 mette in ginocchio moltissime attività, tra cui la nostra pelletteria, ma lo spirito di rivalsa che animò tutti i fiorentini a ripartire non venne meno neanche al babbo, che si ritrovò a ripartire da zero. La sua tenacia e la passione per questo mestiere hanno fatto sì che la pelletteria rinascesse e dopo tanti anni è ancora qui, in via Guelfa.
Nel 1979, entro a far parte dello staff della pelletteria, anche se all’inizio avevo anche un altro lavoro: il mio ingresso a tempo pieno nella bottega del babbo avviene in modo naturale, nel 1980: la nascita di Leonardo, il mio primogenito, fa sì che quel laboratorio artigianale diventasse come un’estensione della mia casa fino al 1995 quando inizia pian piano il passaggio di consegna tra il babbo e me, fino a quando nel 2008 entra a lavorarci proprio Leonardo.
E anche per Leonardo l’ingresso in pelletteria, che non era programmato come progetto di vita lavorativa, avviene in modo naturale: quel fondo in via Guelfa, coi soffitti a cassettoni e quel giardino nel retro, dove faceva i compiti dopo scuola è come una “stanza di casa”, e come era successo per me, anche lui apprende via via il mestiere dell’artigiano pellettiere.
Ed è così che alcuni dei modelli di borse che sono state disegnate da mio padre Renato sopravvivono ancora, a 50 anni dalla loro creazione e come quelle borse, la terza generazione vive tra quelle mura della pelletteria artigiana di via Guelfa.
E la storia continua.
