di Bruno Ialuna
Il mestiere di gabinettaia/o è sempre esistito. Fin dall’antichità. Gabinetti pubblici c’erano a Pompei, nelle antiche Atene e Roma. Donne e uomini per secoli hanno svolto questa non bellissima ma quanto mai indispensabile professione. E quanto siano importanti i bagni pubblici ce ne siamo accorti in quest’ anno di chiusure, quando in caso di bisogno, termine che vale doppio nella nostra narrazione, ci siamo trovati a elemosinare una toilette.
“Che cos’è il genio?” chiede agli spettatori in sala la voce narrante del Perozzi, alias Philippe Noiret, nel film-mito Amici miei. Noi toscani immancabilmente associamo questo termine a Leonardo. Che per uno come me, da mezzo secolo drogato di basket, è il capitano del quintetto base del Dream Team Tuscany, assieme a Dante, Galileo, Michelangelo e Lorenzo il Magnifico, che ci ha cambiato la vita a tutti. Una squadra che ha in panchina Giotto, Antonio Meucci, Giacomo Puccini, Petrarca, Botticelli, Vespucci, Brunelleschi, e si permette di lasciare in tribuna giocatori come Boccaccio, Guido Monaco, Vasari, Carducci, Modigliani, Mascagni, Piero della Francesca. Per non parlare di Caterina e Maria de’ Medici che hanno insegnato al mondo a stare …al mondo, o di Papi e cardinali che di goderne dei suoi piaceri terreni ne avevano da insegnare anche a noi. E qui mi fermo, rimanendo solo ai personaggi dei secoli passati, per non fare un elenco del telefono. Ma resta il fatto che nessun luogo del pianeta ha prodotto così tanti cervelli speciali, e continua a produrne, nel corso della Storia.
Ma cosa c’entra il genio con i gabinetti? Un attimo, ci arriviamo. Siamo intorno al 1910 a Montecatini Terme. Anzi Bagni di Montecatini, come si chiamava allora la mia città, a quel tempo in provincia di Lucca. Le città termali sono il top delle vacanze dell’epoca. Re, regine, celebrità varie fanno da influencer del tempo lanciando la moda delle acque, seguita da migliaia di persone. A Montecatini lo stabilimento Tettuccio è ancora nella sua architettura settecentesca, e i gabinetti non sono in numero sufficiente a soddisfare i bisogni impellenti dei frequentatori. Le cartoline umoristiche celebrano litigi e scazzottate davanti alle toilette. Molti curisti cercano di raggiungere il proprio albergo, per soddisfare in pace le proprie necessità fisiologiche. Molti però arrivano fuori tempo massimo. Lo stradone dei Bagni, oggi Viale Verdi, è frequente teatro di scene di panico che coinvolgono signore e signori, spesso vestiti di bianco immacolato dal cappello alle scarpe, come vuole la moda di quegli anni.
I più arditi invece invadono i campi circostanti per potersi liberare. Ma capita che talvolta vengano “vergati” dai contadini, infuriati per i danni procurati alle coltivazioni. A queste persone viene dato il nome di caoni. Un nome che non ha certo bisogno di spiegazioni. E qui ecco arrivare il genio. Giuseppe Giraffi, detto Frittella, un colono che manda avanti il podere di fianco allo stabilimento termale Tettuccio, stufo come tutti delle invasioni dei curisti, che se ne sbattevano delle povere recinzioni costruite con legni e filo spinato dai contadini, escogitò un sistema per mettere a reddito i bisogni dei caoni. All’ingresso del suo terreno recintato, pose un cancellino e un tavolino, dove lui forniva a diverso prezzo fogli di giornale o foglie di vite per pulirsi. E iniziò con la pubblicità. Con una trombetta suonava e reclamizzava il luogo: ”PEPEREPE! Venite caoni, ai gabinetti di Frittella c’è posto!”
Quindi li indirizzava verso dei capannini mobili posti lungo la vigna. Tutti i clienti furono molto soddisfatti, specialmente le signore, perché quei ripari non permettevano a nessuno di stare a guardare le loro nudità in quei momenti intimi. Una volta ripartiti i curisti, dopo aver fatto i propri comodi in tranquillità, Frittella spostava il manufatto alla vite successiva, e concimava la precedente rivoltando nella terra quanto lasciato dal cliente. Insomma, un successo travolgente che permetteva al contadino di salvare le coltivazioni, concimare le viti e guadagnare bene. L’unica contestazione gli arrivò dai carabinieri, perché il nostro imprenditore, in un eccesso di megalomania, l’anno successivo mise pure delle bandiere tricolori. Che furono fatte rimuovere perché non adatte in quel luogo. L’attività proseguì fino allo scoppio della Grande guerra, quando il Giraffi fu chiamato alle armi. Al suo ritorno il mondo stava cambiando. Il Tettuccio fu ricostruito interamente, con centinaia di gabinetti. Tanto che oggi è certamente lo stabilimento termale più bello del mondo.
Ma se fra qualche secolo ci sarà chi, per qualunque motivo, scaverà sotto l’attuale parcheggio posto a sinistra dell’hotel Astoria, sappia che si imbatterà nella più grande miniera di popò della Toscana.
