Ricordi culinari dall’autobiografia della nonna Tosca
di Giulia Spalla
Io da piccola mangiavo poco, ero uggiosa; mi piacevano solo gli affettati, quelli tutti. Quando andavo dal dottore, lui diceva alla mia mamma: “Mettili dei bocconcini sulla seggiola, un po’ di pane con l’acciuga, col prosciutto”.
E lei: “Che posso mettere tutta la roba per vedere se mangia la figliola? Le pare metto i bocconcini? Mi dia qualcosa”.
Il dottore ordinò il Vermuth alla noce vomica, per l’appetito dei bambini. Lo vendevano in piazza Madonna, in una farmacia, quello mi faceva venire l’appetito.
La spesa la facevo io alla Cooperativa prima di andare a scuola, poi la mettevo nel panierino e la mia mamma lo tirava su. Si comprava tutto sfuso con la votazza, che poi si porgeva al commesso che la pesava.
Di merenda mangiavo pane e olio, pane vino e zucchero, pane acqua e zucchero. Qualche volta c’erano dei quadrettini di cioccolata e si spalmava sopra al pane.
Il male era che bisognava stare attenti a non comprare troppa roba, perché quando il babbo portava a casa i soldi, se non bastavano, non si sapeva come pagare.
La sera a cena il mio fratello mi stava accanto e metteva il giornale sopra il mio piatto, così mangiava la mia minestra di nascosto.
A pranzo la mia mamma faceva quasi sempre il brodo o la minestra di fagioli, che al mio babbo piaceva molto, oppure la minestra di verdure, la minestra di cavolo nero con le fette di pane, la pappa al pomodoro.
La domenica cucinava la pastasciutta o il risotto e poi con un pezzo di magro faceva il sugo; un po’ lo metteva nella pasta e un po’ con la bietola e gli spinaci lessati.
Io dicevo: “Mamma, non sprecare il sugo per le verdure, fai la pastasciutta”.
Quando la mia mamma preparava il brodo, cucinava il lesso e poi lo rifaceva, perché faceva massa. “Lo spezzatino del Pelliccia, tante patate e poca ciccia”, diceva.
A volte faceva la frittata o il lesso rifatto con le patate.
La domenica il babbo mi diceva: “Vai a comprare le paste dolci dall’Assuntina”.
Poi quando venne la guerra, icchè c’era. I salumi non li ho mangiati per tanti anni, ma ero grande e mi sono adattata a mangiare ogni cosa. Ci davano il cibo a tessera e ci dicevano: “Oggi c’è mezzo chilo di patate a testa”. Si girava i vari negozi: la Cooperativa, il macellaro, l’ortolano, tutto con la tessera.
La fame era proprio fame, s’è patito tanto. Un pasto poteva essere una minestra, un pezzetto di pane, secondo che ci davano. Se dall’ortolano trovava un mazzolino di bietola, la mia mamma faceva una minestra con quella e il pane; a volte trovava le banane, ma poteva prenderne solo una.
Ora siamo sempre a stomaco pieno, allora sentivi lo stomaco degli altri che si rivoltava mentre s’era a tavola, lo sentivi gorgogliare tutto il tempo: “Brrrrbllll”.
Solo quando s’andava a trovare la mia cognata che era sfollata in campagna, la fattoressa ci allungava qualcosa. Allora ci si levava il corpo di grinze.
Il caffè non c’era, ci s’aveva un surrogato, la Vecchina, una polvere nera. Si faceva quella, ma non svegliava. Di latte ce ne davano un quartino, s’andava a prendere col bricco dal lattaio.
Dopo la guerra si principiava a rimangiare.
Poi quando mi sono sposata cucinavo sempre, non facevo avanzi, perché non avevo il frigorifero.
Tutte le mattine andavo a fare la spesa. Poi in Cooperativa misero il garzone che ti portava a casa la roba.
I conigli s’andavano a comprare da un contadino in via Ragazzi del ’99, là erano tutti campi. Del coniglio non si buttava via nulla: si disossava tutto, si levavano gli occhi, si tritavano e si mettevano nel sugo.
Adesso che sono rimasta sola cucino poche cose per me. Ieri avevo il lesso e ho fatto la frittata col lesso; mi faccio roba alla svelta, anche perché se sto tanto in piedi mi fa male la vita.
Di verdura ora mi faccio comprare quella congelata e la butto in padella.
Giorni fa ho fatto le bracioline fritte e il giorno dopo le ho rifatte con le acciughe e i capperi.
Se invece viene la mia nipote le faccio sempre il pollo con il latte, lo faccio così:Il petto di pollo lo infarino e lo fo andare un pochino nell’olio, ma non tanto croccante. Poi lo levo dalla padella e ci metto uno spicchio d’aglio e lo imbiondisco. Poi lo levo e nella padella ci metto la salvia, il latte e lo fo andare insieme a un mezzo cucchiaino di farina, in modo che venga il sughino. Quando il sughino è fatto, ci metto il pollo, fo bollire cinque minuti, poi lo rigiro e spengo il gas, finché ritira il sughino.