Di Mirco Dinamo Rufilli
Il Natale è uno dei momenti importanti della nostra tradizione e anche se non vuoi festeggiarlo è praticamente impossibile.
E’ impossibile non farsi travolgere dalle luci, dal rosso di qualsiasi oggetto in giro, è impossibile non accorgersi che il Natale stia arrivando.
Babbi natali appesi ovunque, balconi che sembrano Las Vegas, strade illuminate a festa e neve finta sulle vetrine dei negozi con commesse che ti aspettano al varco.
Certo, questo 2020 ha provato a farcelo scivolare un po’ via e per la prima volta forse sarà diverso per ognuno di noi, ma la tradizione è sempre più forte di tutto. Anche dei dpcm.
E così è arrivato anche in questo anno scombussolato il Natale, il primo Natale del Diario Popolare tra l’altro.
E a pensarci credo che il diario di natale di ognuno di noi, più o meno, sarebbe di base lo stesso.
Perché il Natale è tradizione, ricordi personali di bambino che si mescolano a quelli di tutti, con i film di Natale, i regali, il ventino dello zio venuto da lontano con il tradizionale “compraci quello che vuoi” che tradotto è “non sapevo che cazzo regalarti perché manca poco non so nemmeno chi sei”. Ma va bene così.
I tortellini in brodo, Crostini di fegatini, il menù, l’albero di Natale, le palline, il regalo, il messaggio di auguri. Sembra quasi un lavoro.
E la foga con cui scartiamo i regali quando siamo bambini? Voi lo festeggiate la sera o la mattina? Perché su questo c’è da fare distinzioni precise..
Cioè, i regali, li scartate la mattina o la notte del 24?

Ogni famiglia ha la sua tradizione, la mia era quella di svegliarmi la mattina e di trovare i regali sotto l’albero. Andavo a letto aspettando babbo natale con le domande che credo si facciano tutti i bambini: “Ma avrà capito davvero cosa volevo? Ma l’indirizzo sarà stato giusto?”
Ognuno ha il proprio natale ed è proprio attraverso i ricordi personali di ognuno e alla condivisione che si costruisce la memoria collettiva.
Uno dei natali che ricordo meglio è quello in cui a casa, mio nonno Renato, vecchio camionista in vestaglia spettinato come un rocker, mi guardava scartare uno scatolone con dentro il garage per le mie macchinine. Un garage bellissimo.
Quel momento me lo ricordo bene e se mi concentro, mi rivedo correre in quel lungo corridoio di casa che sembrava non finire mai, verso quell’albero colorato che in salotto prendeva mezza stanza. Enorme, o forse ero piccolino io.
Poi la vita a volte ti fa crescere velocemente, molto velocemente, troppo velocemente e così troppo presto il Natale, per me, non è stato più solo quello.
Il 16 Dicembre del 1983 muore il mio di “Babbo” e per un lungo tempo il natale era una tradizione da sopportare, da cui sfuggire in tutte le maniere.
Ma si diceva, al Natale non si sfugge e alla fine mi ha beccato anche a me, sopratutto quando ho iniziato a sentirmi chiamare Babbo e mi sono detto che toccava a me, perché ogni bambino dovrebbe vivere la magia del Natale e crearsi i propri ricordi.

Un anno ho fatto le impronte di babbo natale con la farina che partivano dalla finestra di cucina e arrivavano all’albero. La mattina quando i miei figli le hanno viste, se non gli è preso un infarto poco c’è mancato, correvano per la casa urlando:
“C’E’ STATO BABBO NATALE IN CASAAAAAA!”.
Non so se era per la paura o per lo stupore, ma fu un successone, come per il mio garage.
Chissà se lo scriveranno nel loro diario quando saranno grandi, mi piace pensarlo.
Perchè i ricordi sono questo, stupirsi, mescolarsi con gli altri, condividere, sono un cerchio largo che non si chiude e che prosegue di generazione in generazione a creare tradizioni da tramandare nel tempo.
E il Natale è dentro a quel cerchio anche se non ce lo vuoi mettere, perché è inutile, al Natale, non gli puoi sfuggire.
Buon Natale Diario. Buon Natale a tutti.