di Alessandro Prosperi

Oggi ho consegnato una cartolina in Borgo San Frediano e ho fatto una marachella, non ho resistito: ho sbirciato quello che c’era scritto accanto all’indirizzo del destinatario. 

Erano dei meravigliosi auguri di Natale provenienti dalla Germania che la piccola Martina faceva al nonno Vasco. La calligrafia non era molto sicura, faceva degli ampi girigogoli che occupavano tutto lo spazio disponibile, ed era decorata con brillantini luccicanti. Una piccola opera d’arte.  Purtroppo se ne vedono sempre meno; la bambina augurava un felice Natale al nonno lontano e raccontava con emozione che aveva scritto la letterina a Santa Claus.

Non me la sono sentita di imbucarla. Ho suonato il campanello del signor Vasco e gliel’ho consegnata direttamente tra le mani. 

Ma perché avete smesso di scrivere cartoline? Vi farei vedere la reazione delle persone quando le ricevono… Al ruvido Vasco, San Fredianino doc, ho visto esplodere una cometa negli occhi. Brillavano come i brillantini della cartolina. Attimi di vera estasi. 

Ho esitato un attimo prima di andarmene e Vasco mi ha guardato con gli occhi lucidi per poi rimettersi abiti del fiorentini spigoloso: “Sant Claus?? Oh santo iddio, ma che gli s’insegna a questi figlioli? Babbo Natale, la Befana, Santa Claus e pure quella strana festa a fine Ottobre! Ma il Ceppo?? Lo sai come si diceva noi da bambini?: “Ave Maria del Ceppo, Angelo benedetto! L’angelo mi rispose: Ceppo mio bello Portami tante cose!”.

All’inizio, confesso, non è che abbia capito benissimo cosa volesse dirmi il signor Vasco, ma fatto sta che si è messo a raccontarmi di una stupenda tradizione fiorentina che purtroppo stiamo dimenticando: la storia del Ceppo di Natale.

Prima di adottare la tradizione nordica dell’albero di Natale, le famiglie fiorentine si raccoglievano intorno al ceppo, ovvero a un bel pezzo di legno nodoso, meglio se di quercia o di olivo che veniva messo ad ardere nel caminetto, e che il più anziano della famiglia benediva a colpi di paletta per fargli sprigionare una bella pioggia di scintille che esaltavano i bambini e da cui i grandi traevano riti propiziatori.

Il giorno dopo le ceneri del ceppo venivano cosparse nei campi e nei giardini come rito scaramantico e di purificazione.

Era davanti al focolare domestico, con le persone a cui si voleva bene, tra le scintille del ciocco scelto dal capofamiglia, che venivano distribuiti i regali ai bambini. 

Ceppo era un termine usato spesso nel vocabolario fiorentino e sempre con significati positivi: la mancia di natale che si dava ai garzoni delle botteghe, la casetta dell’elemosina nelle chiese o come sinonimo di regalo.

Per Ceppo si intendeva a volte proprio il Natale: Buon Natale, buon Ceppo e buon Anno Novo!

Ma soprattutto per “Ceppo di Natale” si intendeva quella piramide che a Natale veniva costruita in casa con legno e pigne, addobbata di nastrini, festoni, rami di abete e candeline, in cui sulla sommità venivano adagiati dolci e manicaretti. Alla base invece venivano allestiti dei piccoli presepi con la tradizionale “capannuccia”, assai diffusa grazie ai monaci Francescani. E chi non aveva voglia di costruirsi il “Ceppo di Natale”poteva andare al mercato, come quello Vecchio del Porcellino e comprarsene uno già fatto.

Molto simile all’albero di Natale insomma..

Era davanti al Ceppo quindi che le famiglie passavano le festività e la sera di Natale si scambiavano i doni per poi andare alla Messa Cantata nelle basiliche importanti di Firenze ( San Lorenzo, Santa Maria Novella, il Duomo..) che alla mezzanotte facevano risuonare le loro campane a ritmo gioioso mentre sugli altari scoprivano la statuina del Bambin Gesù.

E io non ne sapevo niente..

Mi ritrovo qui, davanti al vecchio Vasco e alla sua cartolina, che mi racconta di una tradizione così importante che sempre essere dimenticata. Non me ne capacito. 

 

Allora, sai cosa farò?

Prima di raccontarla a mio figlio, prima di tornare a casa, allungherò un po’ il giro, magari passando dalle cascine, forse potrei trovare un bel ceppo da portare a casa.

Non posso bruciarlo nel camino perché non ce l’ho, ma posso addobbarlo e godermelo insieme alla famiglia, sperando in un felice natale dopo un anno difficile..